Il pensiero di Barison sulla schizofrenia è ancora attuale? - G. Migliorini - Conferenze AIPF #08

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  • čas přidán 11. 02. 2023
  • Ferdinando Barison, psichiatra tra i più importanti del panorama nazionale del XX secolo, viene qui tratteggiato, nel suo carattere deciso e rivoluzionario, da chi ha potuto conoscerlo da vicino. Ne emerge una figura attenta e controcorrente, fondante la propria ricerca e la propria pratica sull'approfondimento del tema del diverso, capace di unire la riflessione filosofica (soprattutto, in modo decisamente eversivo, quella propria del secondo Heidegger) a una forte aderenza ai piani più concreti dell'esistenza.
    Barison si batte per il riconoscimento di quel "plus" insito nel paziente schizofrenico, in aperta opposizione all'idea, maggioritaria, secondo cui egli rappresentasse innanzitutto un "minus" (ma è poi diverso oggi, domanda implicitamente questo intervento di Giuseppe Migliorini?).
    "Chi" è lo schizofrenico, e come il clinico deve porvisi per scorgerne il "lui" che si disvela attraverso espressioni, comportamenti, mimiche? Come accedere a queste "radure di senso" che, nel momento in cui si mostrano, si sottraggono? Cosa si nasconde dietro allo "strano" dello schizofrenico, e di quali modi di esistenza si fa esso scorcio?
    Il vero compito della psichiatria risiede nell'indagine di queste tematiche e nell'inseguimento del "gioco di radure" fra clinico e paziente: esso rappresenta sicuramente, per chi sia abituato a non essere capito, un'esperienza tra le più calde ed intime, un evento davvero notevole, nonché già un criterio di guarigione.

Komentáře • 1

  • @matteomariabonani8623

    Molto interessante, vi ringrazio molto. Vorrei proporre una riflessione inerente la formazione e soprattutto il formatore. È vero che dentro una comunità o altro servizio non tutti gli operatori riescono ad avere uno sguardo in grado di cogliere il tralucere del paziente, ma questo non deve, a mio avviso, portarci a concludere pregiudizialmente che si venga così a creare una situazione sfavorevole. Sicuramente vi saranno criticità importanti da affrontare qualora l'interlocutore del paziente non sia all'altezza del plus offerto nella situazione, ma proprio questo fatto induce una dinamica virtuosa, direi evolutiva per tutti gli attori coinvolti. Per l'operatore in termini di sviluppo di capacità relazionali, ma anche per il paziente che può fare i conti con una realtà incapace di comprenderlo e quindi generatrice di una messa in discussione della propria modalità di espressione. Sto pensando a tante circostanze nelle quali le mancanze di un operatore sono state il motore di una revisione delle cosiddette linee d'intervento e alla fine il cambiamento è accaduto per tutti, anche per il paziente che cercando di farsi capire meglio ha trovato modalità diverse, nuove, insomma un miglioramento. Credo che una buona form-azione sia possibile quando ogni atto della scena di vita venga considerato una occasione per trovare una forma più pertinente, opportuna nel senso del termine kairos. E credo che un buon formatore possa sfruttare ogni opportunità per promuovere una presa di coscienza in merito all'impatto che ognuno ha nella relazione con la sofferenza. Una volta uscendo da un ex manicomio, dopo aver respirato l'atmosfera densa e pesante delle prassi irrigidite dalla paura dell'aggressività, oltre che dalle procedure burocratizzate dell'istituzione, alla fine di una formazione molto intensa e toccante mi appuntai in un foglietto una piccola "visione".
    Ogni esistenza che soffre è una vita che offre,
    Infinte possibilità di crescita,
    A volte una vera e propria rinascita.
    Grazie per questi eventi, incontri che oltre ad essere stimolanti sono anche rincuoranti per i curanti, almeno per me, moltissimo.