don silvano fede di ogni giorno

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  • @dariomagro
    @dariomagro  Před 4 lety +1

    Ascolto dei Salmi 42-43
    Ciao.. Eccoci a continuare il nostro percorso sulla fede nella vita di ogni giorno.
    Nell’audio precedente ho cercato di evidenziare come a Dio interessi davvero tutto quello che siamo e facciamo. Gesù è proprio la chiara e limpida testimonianza della spiritualità feriale. Lui scorge la relazione con Dio e della sua attività in ogni cosa, in ogni persona: dai gigli del campo agli uccelli del cielo, dal gesto di una vedova alla donna che prepara il pane.
    Nelle prossime riflessioni, continuerò un percorso sui Salmi, preghiere che ci possono accompagnare a scoprire Dio dentro il nostro quotidiano.
    Man mano che prendiamo confidenza con il libro dei Salmi spero che ci accorgiamo quanto la sacralità sia ovunque, anche nelle situazioni più difficili, per considerare tutto quello che stiamo vivendo come potenziale esperienza di Dio.
    Intanto, cerchiamo di tenere presenti alcune attenzioni per entrare ne i Salmi e farli la nostra preghiera.
    · Fanno gran uso di simboli e metafore. Il simbolo è molto più ampio e ricco rispetto ad un concetto. Può essere descrittivo, rievocare sensazioni ed ha la strana proprietà di sollecitare ulteriori elaborazioni da parte di chi ascolta.
    · I Salmi si esprimono attraverso parallelismi e ripetizioni. Così un po’ imitano la nostra vita quotidiana, fatta di un ritmo che poi diventa una lenta progressione. Questo potrebbe essere uno dei motivi per cui qualcuno trova i Salmi lontani dalla nostra sensibilità. La nostra cultura razionale tende ad avere un rapporto pragmatico e consumistico con la realtà. I media ci abituano ad un linguaggio immediato e forte per colpire e catturare la nostra attenzione. Una volta capita una cosa, passiamo a un’altra. Parole e immagini riprese più volte, con diverse sfumature, seguono un ritmo graduale, tipico della vita interiore. Ci accompagnano all’approfondimento delle risonanze che ci abitano e possono aprirci a un cammino più ricco e profondo con noi stessi, con gli altri, con l’ambiente e con Dio.
    · I Salmi seguono un percorso, dal passato al futuro e quindi sono da considerare dentro una storia articolata e magari protratta nel tempo.
    · Coinvolgono diversi attori. Partono dal sé per passare a Dio e poi esprimono una richiesta che riguarda gli altri, come fonte di gioia e festa o come avversari, fonte di contesa e violenza.
    Ti invito a prendere in mano i Salmi 42-43. Basta leggerli insieme una volta per accorgerci che sono un unico Salmo: vedi la continuità e il ritornello ripetuto tre volte. Possiamo anche notare tutti gli aspetti ricordati prima, ma andiamoci dentro.
    Il salmista manifesta cura nei confronti del suo stato interiore. Si rivolge a sé stesso. Ascolta se stesso, usando il termine “anima”, perfino alla terza persona - “perché ti abbatti, anima mia..?” Torna più volte e in diversi modi su questo dialogo interiore, fino a renderlo il filo rosso dell’intero Salmo.
    Interrogandosi, cerca di descrivere ciò che gli abita. La sua interiorità è come un cervo che anela ai corsi d’acqua e allo stesso tempo rimane con la sua sete. Come se gridasse perché la torrente si è seccata. Rimane assetato… di che cosa? Dice al v. 3, di Dio.., della vitalità di Dio,! Non sta parlando di una mancanza solo temporanea, anzi, va più in profondità e identifica la sensazione chiaramente. L’immagine dell’acqua si trasforma in lacrime per la derisione degli altri e l’assenza di Dio: è una mancanza che lo tormenta e lo evoca con una domanda senza risposta - “dov’è il tuo Dio?”
    Possiamo soffermarci qui e chiederci:
    · Come percepisco me stesso in questo momento? C’è un’immagine che lo rende bene? Se dovessi rivolgermi una domanda, quale mi farei?
    · Vivo la sete interiore? Di che cosa? Di chi? Oppure anche io vivo la sete di Dio? Che cosa mi manca di Dio?
    Continuando, il salmista fa un passo dentro questa assenza di Dio e ce la descrive come una presenza sentita… che gli manca. Un conto è vivere un’assenza indifferente e fredda. Un conto è ricordare la gioia, la vita di comunità, la festa e provare la sofferenza per la sua mancanza (v. 5)! Le sue lacrime non sono un pianto di sfogo e basta, ma sono ben ancorate nell’esperienza concreta del cuore.
    Questo passaggio è molto importante per la nostra vita con Dio. Quando rimaniamo sul generico, non diamo spazio al nostro cuore perché si coinvolga concretamente. Rimaniamo sordi. Piuttosto che progredire, rimaniamo sospesi in una specie di guado emotivo o intellettuale. Questo potrebbe servirci da regola per le nostre relazioni, ma soprattutto in rapporto a Dio. Più siamo generici o concettuali, meno ci mettiamo in gioco e meno siamo in cammino. Il salmista, invece, è attento a precisare il contenuto della sua esperienza personale. Trovare parole per oggettivare e manifestare quello che viviamo è a volte faticoso e non sempre soddisfacente, ma ci riserva frutti importanti per la nostra crescita.
    Al versetto 7 continua il suo ricordo. L’acqua, ora diventa cascate, “onde sopra di me, sono passate”, ma non lascia questa descrizione della difficoltà che sta passando, nel mondo delle metafore. Scende nel concreto. Parla al presente! Mentre rievoca la mancanza di Dio, porta a gala sempre di più la sorgente del suo malessere. È “tormentato dal nemico”, un disagio che lo sconvolge “fino alle ossa” e lo descrive come un insieme di “avversari” (v. 11), “gente senza fede” (43, 1). Con tutta probabilità si tratta di una persona che si trova sola dopo aver subito dei tradimenti nella comunità.
    Di nuovo, possiamo soffermarci e chiederci:
    · Anche io vivo un malessere, un senso di conflitto? Con chi? Provo a dare nome a tutto ciò.
    · Mi sento anch’io isolato da certe persone o dalla comunità e come mi trovo in questa esperienza?
    Infine, la preghiera si rivolge al futuro. Chiede a Dio di combattere la sua lotta. Riconosce che la sua storia non è condotta né da lui/lei né dai suoi avversari, ma in relazione con Dio che si muove attraverso i suoi conflitti e così smuove il suo cammino. Riprende l’invocazione del v. 9 davanti alla sua tristezza (43, 2) e sale verso immagini del Tempio: il monte, l’altare, il cantare con la cetra.
    Con queste immagini esprime la sua fiducia nella Promessa di Dio, che ha sempre operato nella storia e unisce il cielo e la terra sul monte di Dio. Per un ebreo è semplicemente un’espressione di affidamento.
    Si può cogliere come la prima parte del ritornello ceda gradualmente il passo alla seconda parte “spera in Dio, ancora potrò lodarlo…” Il Salmo esprime un cammino, un dinamismo che apre verso la crescita. Non lascia che nessuna tappa diventi blocco o chiusura, ma affidandosi, ogni passo porta a una ridefinizione di quello che si sta vivendo e un movimento verso l’inatteso di Dio.
    Ecco le ultime suggestioni:
    · Come mi suona l’invocazione “giudicami, o Dio, combatti la mia lotta”
    · Ti invito a riprendere in mano il Salmo, anche a distanza di giorni, per sostare su quella parola o versetto che ti colpisce e lasciare che ti metta in contatto con la tua vita e Dio.