TERZA CATECHESI QUARESIMALE presiede FRA ANGELO SALVIA OFM

Sdílet
Vložit
  • čas přidán 5. 03. 2024
  • TERZA CATECHESI QUARESIMALE presiede FRA ANGELO SALVIA OFM
    Si prova sempre un certo imbarazzo a parlare del dolore: da un lato se ne ha quasi paura; dall'altro, forse, si teme di cadere nella superficialità o, peggio ancora, nella retorica. Eppure la sofferenza è connaturale alla nostra vita, è parte ineliminabile di essa; è una dimensione del vivere quotidiano, in tutta la sua drammatica e cruenta realtà, e Francesco è riuscito a mostrarne la luce, lui che lodava Dio per quelli che sostengono “infirmitate et tribulatione” e “per sora nostra morte corporale” (Cant 10.12: FF 263) ma non vi è arrivato subito, è dovuto passare attraverso un processo di umiliazione e di spoliazione.
    Conosciamo bene il lungo calvario vissuto da Francesco. Una salute di ferro, in effetti, egli non l'ha mai avuta. Era delicato per natura. Da giovane, quando inseguiva sogni di gloria, fu spesso bloccato dalla malattia: ormai ventenne, nella guerra che oppose assisani e perugini, durante la battaglia di Collestrada, presso Ponte San Giovanni, quasi a metà strada tra Perugia e Assisi, egli fu fatto prigioniero. Condotto in carcere a Perugia vi rimase per circa un anno, tra il 1203 e il 1204. Con molta probabilità, quella prigionia minò il suo fisico, che già non doveva essere di ferro: Tommaso da Celano ci dà notizia di una lunga malattia da cui fu afflitto dopo la prigionia, una volta tornato nella casa paterna che lo costrinse all’inattività, a dipendere totalmente dagli altri, ad avere tanto tempo troppo tempo per stare con i suoi pensieri e le sue fragilità ma quasi sicuramente questa era sopraggiunta già durante la carcerazione; fu proprio durante quella malattia che in Francesco cominciò a manifestarsi un mutamento interiore.
    È un processo ben descritto da Tommaso da Celano che nella Vita Prima [FF 322-324] dice: Colpito da una lunga malattia, come è necessario per la caparbietà umana, che non si corregge se non col castigo, egli cominciò effettivamente a cambiare il suo mondo interiore. Riavutosi un po’, per ricuperare le forze, si mise a passeggiare qua e là per la casa, appoggiato ad un bastone.Un giorno uscì, ammirando con più attenzione la campagna circostante; ma tutto ciò che è gradevole a vedersi: la bellezza dei campi, l’amenità dei vigneti, non gli dava più alcun diletto. Era attonito di questo repentino mutamento e riteneva stolti tutti quelli che hanno il cuore attaccato a beni di tal sorta. Da quel giorno cominciò a far nessun conto di sé e a disprezzare ciò che prima aveva ammirato ed amato. Non tuttavia in modo perfetto e reale, perché non era ancora libero dai lacci della vanità, né aveva scosso a fondo il giogo della perversa schiavitù.
    L'esperienza della malattia, debilitò profondamente Francesco costringendolo in casa molto a lungo. Eppure proprio questa malattia, a giudizio del suo agiografo, costituì una tappa fondamentale del rinnovamento spirituale del giovane Francesco. Essa infatti lo aiutò a spogliarsi del proprio ego ambizioso e vanitoso e lo spinse a spalancare lo sguardo ed il cuore sulle meraviglie con cui il Signore gli manifestava se stesso nelle creature più semplici e piccole.Francesco in effetti non guarì mai definitivamente, per tutta la sua vita fu afflitto da molte malattie dovute alle ristrettezze in cui viveva per la scelta della povertà e per le molte fatiche cui si sottoponeva per annunciare ovunque il vangelo. Ma sempre, a partire da quella prima esperienza giovanile, dava testimonianza di saper riconoscere, anche nella malattia, la consolazione dell'amore misericordioso di Dio che si manifestava in ogni creatura attorno a lui. “Fu proprio durante quella malattia che in Francesco cominciò a manifestarsi un mutamento interiore.
    Negli anni successivi, più o meno nel 1206, avviene questo incontro con il lebbroso; sarà in effetti l’incontro che lo segnerà per sempre. Non è solo l’incontro con il lebbroso ma è l’incontro con i lebbrosi: nel testamento lui ricorda che quando era ancora nei vizi e nei peccati, dice, «mi sembrava cosa troppo amara anche solo vedere i lebbrosi, però il Signore mi condusse in mezzo a loro, li trattai con misericordia; e quello che era dolce divenne amaro, e quello che era amaro divenne dolce». [Test].
    L’esperienza dell’incontro con la persona gravemente malata diventa così per Francesco l’esperienza del superamento delle proprie paure. Di fatto in quel periodo sente una voce interiore che gli diceva: «finché non avrai vinto il tuo egoismo, finché non avrai smesso di adorare te stesso, non potrai comprendere il senso profondo della tua vita».
    Possiamo dire che attraverso questo incontro iniziale con gli ammalati, Francesco scopre una dimensione nuova della vita e di fatto scopre la sua vocazione.
    Ricostruisci insieme a noi il futuro in Terra Santa, dona su: nataleconsanfrancesco.org/

Komentáře • 5