Gassman legge Dante - Inferno_ Canto V.avi

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  • čas přidán 26. 09. 2011
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  • @valerioitaly1
    @valerioitaly1 Před 11 lety +4

    Mai visto né udito niente di così alta fattura artistica ed interpretativa. Sono rimasto a bocca aperta nel senso più letterale e fisco del termine.

  • @matteomaglia2836
    @matteomaglia2836 Před 3 lety +1

    Grandissimo ineguagliato Maestro

  • @AlessandroDErcole2912
    @AlessandroDErcole2912 Před 10 lety

    Non ci sono e non ci possono essere parole per descriverlo. Immenso, semplicemente immenso.

  • @gianni92863
    @gianni92863 Před 11 lety

    Memorabile.

  • @ettorezampiccoli9297
    @ettorezampiccoli9297 Před 3 lety +1

    insuperabili : parlo di Dante e anche di Gassman

  • @margaridaluizaabrao4984

    Milton ricord

  • @carlospissolito1
    @carlospissolito1 Před 6 lety +2

    Testo
    Così discesi del cerchio primaio
    giù nel secondo, che men loco cinghia,
    e tanto più dolor, che punge a guaio. 3
    Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia:
    essamina le colpe ne l’intrata;
    giudica e manda secondo ch’avvinghia. 6
    Dico che quando l’anima mal nata
    li vien dinanzi, tutta si confessa;
    e quel conoscitor de le peccata 9
    vede qual loco d’inferno è da essa;
    cignesi con la coda tante volte
    quantunque gradi vuol che giù sia messa. 12
    Sempre dinanzi a lui ne stanno molte;
    vanno a vicenda ciascuna al giudizio;
    dicono e odono, e poi son giù volte. 15
    «O tu che vieni al doloroso ospizio»,
    disse Minòs a me quando mi vide,
    lasciando l’atto di cotanto offizio, 18
    «guarda com’entri e di cui tu ti fide;
    non t’inganni l’ampiezza de l’intrare!».
    E ’l duca mio a lui: «Perché pur gride? 21
    Non impedir lo suo fatale andare:
    vuolsi così colà dove si puote
    ciò che si vuole, e più non dimandare». 24
    Or incomincian le dolenti note
    a farmisi sentire; or son venuto
    là dove molto pianto mi percuote. 27
    Io venni in loco d’ogne luce muto,
    che mugghia come fa mar per tempesta,
    se da contrari venti è combattuto. 30
    La bufera infernal, che mai non resta,
    mena li spirti con la sua rapina;
    voltando e percotendo li molesta. 33
    Quando giungon davanti a la ruina,
    quivi le strida, il compianto, il lamento;
    bestemmian quivi la virtù divina. 36
    Intesi ch’a così fatto tormento
    enno dannati i peccator carnali,
    che la ragion sommettono al talento. 39
    E come li stornei ne portan l’ali
    nel freddo tempo, a schiera larga e piena,
    così quel fiato li spiriti mali; 42
    di qua, di là, di giù, di sù li mena;
    nulla speranza li conforta mai,
    non che di posa, ma di minor pena. 45
    E come i gru van cantando lor lai,
    faccendo in aere di sé lunga riga,
    così vid’io venir, traendo guai, 48
    ombre portate da la detta briga;
    per ch’i’ dissi: «Maestro, chi son quelle
    genti che l’aura nera sì gastiga?». 51
    «La prima di color di cui novelle
    tu vuo’ saper», mi disse quelli allotta,
    «fu imperadrice di molte favelle. 54
    A vizio di lussuria fu sì rotta,
    che libito fé licito in sua legge,
    per tòrre il biasmo in che era condotta. 57
    Ell’è Semiramìs, di cui si legge
    che succedette a Nino e fu sua sposa:
    tenne la terra che ’l Soldan corregge. 60
    L’altra è colei che s’ancise amorosa,
    e ruppe fede al cener di Sicheo;
    poi è Cleopatràs lussuriosa. 63
    Elena vedi, per cui tanto reo
    tempo si volse, e vedi ’l grande Achille,
    che con amore al fine combatteo. 66
    Vedi Parìs, Tristano»; e più di mille
    ombre mostrommi e nominommi a dito,
    ch’amor di nostra vita dipartille. 69
    Poscia ch’io ebbi il mio dottore udito
    nomar le donne antiche e ’ cavalieri,
    pietà mi giunse, e fui quasi smarrito. 72
    I’ cominciai: «Poeta, volontieri
    parlerei a quei due che ’nsieme vanno,
    e paion sì al vento esser leggeri». 75
    Ed elli a me: «Vedrai quando saranno
    più presso a noi; e tu allor li priega
    per quello amor che i mena, ed ei verranno». 78
    Sì tosto come il vento a noi li piega,
    mossi la voce: «O anime affannate,
    venite a noi parlar, s’altri nol niega!». 81
    Quali colombe dal disio chiamate
    con l’ali alzate e ferme al dolce nido
    vegnon per l’aere dal voler portate; 84
    cotali uscir de la schiera ov’è Dido,
    a noi venendo per l’aere maligno,
    sì forte fu l’affettuoso grido. 87
    «O animal grazioso e benigno
    che visitando vai per l’aere perso
    noi che tignemmo il mondo di sanguigno, 90
    se fosse amico il re de l’universo,
    noi pregheremmo lui de la tua pace,
    poi c’hai pietà del nostro mal perverso. 93
    Di quel che udire e che parlar vi piace,
    noi udiremo e parleremo a voi,
    mentre che ’l vento, come fa, ci tace. 96
    Siede la terra dove nata fui
    su la marina dove ’l Po discende
    per aver pace co’ seguaci sui. 99
    Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende
    prese costui de la bella persona
    che mi fu tolta; e ’l modo ancor m’offende. 102
    Amor, ch’a nullo amato amar perdona,
    mi prese del costui piacer sì forte,
    che, come vedi, ancor non m’abbandona. 105
    Amor condusse noi ad una morte:
    Caina attende chi a vita ci spense».
    Queste parole da lor ci fuor porte. 108
    Quand’io intesi quell’anime offense,
    china’ il viso e tanto il tenni basso,
    fin che ’l poeta mi disse: «Che pense?». 111
    Quando rispuosi, cominciai: «Oh lasso,
    quanti dolci pensier, quanto disio
    menò costoro al doloroso passo!». 114
    Poi mi rivolsi a loro e parla’ io,
    e cominciai: «Francesca, i tuoi martìri
    a lagrimar mi fanno tristo e pio. 117
    Ma dimmi: al tempo d’i dolci sospiri,
    a che e come concedette Amore
    che conosceste i dubbiosi disiri?». 120
    E quella a me: «Nessun maggior dolore
    che ricordarsi del tempo felice
    ne la miseria; e ciò sa ’l tuo dottore. 123
    Ma s’a conoscer la prima radice
    del nostro amor tu hai cotanto affetto,
    dirò come colui che piange e dice. 126
    Noi leggiavamo un giorno per diletto
    di Lancialotto come amor lo strinse;
    soli eravamo e sanza alcun sospetto. 129
    Per più fiate li occhi ci sospinse
    quella lettura, e scolorocci il viso;
    ma solo un punto fu quel che ci vinse. 132
    Quando leggemmo il disiato riso
    esser basciato da cotanto amante,
    questi, che mai da me non fia diviso, 135
    la bocca mi basciò tutto tremante.
    Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse:
    quel giorno più non vi leggemmo avante». 138
    Mentre che l’uno spirto questo disse,
    l’altro piangea; sì che di pietade
    io venni men così com’io morisse.
    E caddi come corpo morto cade. 142

  • @Trulsone
    @Trulsone Před 7 lety +7

    Benigni, taci e ascolta il grande Vittorio.