Avigliano (PZ), 1982 - TCM-AAA-20

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  • čas přidán 11. 09. 2024
  • ‪@ArchivioAntropologicoApolito‬
    Compari e comari si danno appuntamento, si incontrano a casa dell’uno o dell’altro, portano cose da mangiare o anche niente compa’, eh, ma il vino ci vuole! E allora anche un po’ di pane, e formaggio, e taralli, i taralli vanno sempre bene, e un po’ di salame perché no? anzi certo che sì; poi quando l’atmosfera s’è fatta quella buona, mano agli organetti, ai tamburelli, ai cupa cupa e alle voci. E via alla festa, non affollata, intima, sicura, tra persone che si conoscono, e anche se ci sono tensioni tra di loro, la musica, il canto serviranno a scioglierle.
    Canti d’amore soprattutto, ma c’è sempre spazio per canti scherzosi, di presa in giro. Però c’è attenzione all’aspetto “concertante”. Le stonature, gli accordi sbagliati, beh, magari sono sopportati per non litigare, ma poi si deve tornare all’accordo giusto, alla modalità corretta.
    Il documento qui presentato è imparentato con le “Maitinate” di Vallata, del numero precedente dell’Archivio, è un canto lirico-monostrofico come quello. Nel n.19 era in alta Irpinia, in questo n.20 è ad Avigliano, vicino Potenza. Anche qui organetto e voci, anche qui versi scherzosi, questa volta anche più accentuati. Ma non inganni l’ironia antifemminile, in realtà questi sono canti d’amore. Di cui si ride proprio perché sono d’amore.
    È una comitiva, che si raccolse a casa di uno dei cantatori per consentire a una mia laureanda di raccogliere quei canti che le sarebbero serviti per la tesi. Era il 1982, la studentessa era Angela Viggiano. La quale scrisse nelle sue note di campo: “Intanto la padrona di casa aveva cucinato un coniglio con le patate al forno. Quando sono arrivati tutti ha servito, ha messo ancora a tavola dell’insalata, del provolone, della salsiccia e tanto vino. A tavola gli invitati hanno incominciato a dire che il vino non era buono, che stava per guastare, io ci avevo creduto sul serio e mi meravigliavo come il padrone di casa per niente preoccupato rideva. Alla fine ho capito che scherzavano e che lo dicevano perché volevano che portassero sempre più vino, che così si consumava, che non era buono”.
    È la festa, questa è la festa, e il canto qui presentato ci introduce alla sua dimensione, centrale nel mondo contadino (e non solo).
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