Alla scoperta del borgo di San Severino di Centola - MONETTI EDITORE

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  • čas přidán 10. 09. 2024
  • Il vecchio abitato di San Severino è un borgo medievale abbandonato sovrastante la valle del fiume Mingardo, che qui scava una stretta forra chiamata Gola del Diavolo. Risale al X-XI secolo e serba tracce delle varie epoche storiche fino al Novecento, conservando le rovine di un castello e di una chiesa. Secondo l'umanista Pietro Summonte, il villaggio prese il nome dalla famiglia Sanseverino, la più potente e ricca nel Principato di Salerno, con i Normanni prima e nel Regno di Napoli poi con gli Angioini e Aragonesi.
    Le fonti storiche esistenti indicano nel VII secolo la probabile origine dell'insediamento urbano nella gola della "Tragara" che sovrasta il fiume Mingardo ad opera di mercenari bulgari emigrati con il loro principe Aztek nel principato longobardo di Salerno, come riferito da Paolo Diacono nella sua Historia Langobardorum. Questi soldati furono adibiti al controllo della gola del Mingardo e della principale arteria di collegamento per il Golfo di Policastro che appunto si dipanava per questa gola, garantendo il collegamento con il porto di Palinuro. A quest'epoca risale il primo insediamento con la costruzione di una torre di avvistamento, i cui resti sono visibili dall'alto, e le prime abitazioni per gli armigeri.
    L'importanza strategica che rivestiva per i Longobardi il possesso del borgo fortificato è testimoniata dall'aspra contesa che vi fu nel 1075 tra il conte Guido di Policastro e Guimondo dei Mulsi. In origine, nel 1054, il castello, con il feudo di Policastro, era stato attribuito a Guido dal Principe di Salerno, Gisulfo II, figlio di Guaimaro V, per ricompensarlo del suo aiuto per ottenere il dominio del Principato; successivamente, però Guimondo, feudatario confinante, avanzò delle pretese sul borgo, sostenendo che doveva essere assegnato a lui. Per risolvere la controversia, i due nobili accettarono di sottoporsi all'arbitrato del principe di Capua, ma Guido non arrivò mai nella città, perché fu ucciso in un'imboscata proprio nella gola del Mingardo dagli sgherri di Guimondo dei Mulsi. La morte di Guido privò il regno Longobardo di uno dei suoi migliori ingegni, “così morì la luce di tutti i Longobardi” scrisse Amato di Montecassino nella sua Storia dei Normanni; dopo questo fatto di sangue, Guimondo occupò il Borgo, ma per ordine regio fu costretto a consegnarlo al fratello di Guido, Landolfo, che ne conservò il dominio fine alla fine del regno Longobardo avvenuta nel 1077, con l'avvento dei Normanni, quando Landolfo conservò i propri domini, ma dovette consegnare i castelli più importanti tra cui San Severino.
    Con i Normanni (1077-1189) e successivamente con gli Svevi (1189-1266) furono realizzate altre opere di fortificazione, soprattutto da Federico II, il quale dispose la realizzazione della cinta muraria; fu realizzata altresì la chiesa di notevoli dimensioni a picco sullo strapiombo della gola della Tragara. La sua posizione strategica fece sì che durante la guerra del Vespro San Severino diventasse teatro di guerra, in particolare innumerevoli sofferenze soffrì la popolazione per le scorrerie degli Almogaveri, tanto che nel 1291 per disposizione di Carlo II d'Angiò, il paese, assieme ad altri centri del Cilento, venne esentato dal pagamento delle tasse. La tradizione orale parla con riferimento a questo triste periodo di un grande battaglia nella valle del Mingardo, con grande numero di morti e feriti, scontro che portò alla caduta di San Severino e alla sua presa da parte degli Aragonesi.
    Con l'avvento degli Aragonesi (1444), il borgo fortificato, già da anni della potente famiglia dei Sanseverino, essendo venuta meno la sua importanza strategica, anche per lo sviluppo delle armi da fuoco, cadde in decadenza e il castello venne abbandonato; notevole sviluppo ebbe l'insediamento civile, anche grazie all'attività estrattiva di gesso, scoperto nella zona.

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