Dieci minuti con Carlo Carrà (1957)

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  • čas přidán 15. 05. 2022
  • Dieci minuti con Carlo Carrà (1957)
    A cura di Giancarlo Fusco, regia di Vieri Bigazzi.
    Questa trasmissione appartiene a una delle più innovative rubriche culturali RAI-TV (Dieci minuti con, 1956-1958) che, al fine di avvicinare il grande pubblico ad artisti e scrittori contemporanei, utilizzava l'intervista svolta in luoghi di vissuto quotidiano come abitazioni o studi.
    Ancora incerto fra reportage e documentario, il prezioso filmato in bianco e nero apre sull'artista settantacinquenne Carlo Carrà (1881 - 1966), invitato a parlare di sé nel suo studio e casa di Milano.
    Carrà racconta con estrema semplicità, ad una intervistatrice un pò ignara della materia, del suo primo viaggio a Parigi nel 1900, per lavorare come decoratore.
    L'artista, nato ad Alessandria, figlio di artigiani, lavorò molto come decoratore murale e solo nel 1906 potè iscriversi all’Accademia di Brera grazie all’aiuto dello zio.
    Opere pre-futuriste come "I cavalieri dell’Apocalisse" (1908) evidenziano la breve esperienza divisionista unita alla forte componente simbolista del soggetto tratto da un racconto biblico.
    Le due figure femminili sui cavalli bianchi e quella centrale della morte, drappeggiata di rosso vibrano e fremono di un movimento vorticoso che fa presagire i successivi interessi di Carrà per il dinamismo futurista.
    Nel 1910, l'artista esordisce con i futuristi aderendo al manifesto; sembra sia stato il primo a lanciare l’appello per l'adesione a tematiche moderne.
    "I funerali dell'anarchico Galli" (1911), italiano ucciso nel 1904 a Milano durante uno sciopero generale, diventano pretesto per raccontare la sua partecipazione emotiva al momento dei tumulti che accompagnarono il feretro; dopo diversi bozzetti l'opera è ultimata nel 1911 con la prima maturità futurista.
    Le figure dei manifestanti che corrono, le guardie a cavallo che intervengono con violenza, sono attraversati da linee-forza evocanti il caos.
    Il rosso domina su tutto e accentua il carattere aggressivo e caotico della scena.
    Alla prima mostra futurista di Parigi (1912) Carrà conosce Braque, Picasso e Modigliani.
    Nelle opere di questo periodo, la struttura dello spazio diventa più frammentata in evidente risonanza con il cubismo, ma l'intento dell'artista è di semplificare e alleggerire la composizione come Léger.
    A differenza di Boccioni che nel metodo scompositivo cubista intravedeva la possibilità per soddisfare l'urgenza espressiva del suo temperamento, Carrà tende a usare il cubismo per marcare la struttura architettonica del quadro e quindi la nuova spazialità.
    La crisi del futurismo maturata nel 1914-15 induce Carrà a elaborare un linguaggio formale elementare, una nuova poetica della quale "Antigrazioso" (1916) segna l'inizio.
    Acquistato da Giovanni Papini, il quadro inaugura il periodo intermedio verso la fase metafisica alla quale l'artista giunge attraverso una sintesi arcaica dello spazio reso bidimensionale e geometrico e definito da pochi elementi semplificati come la "Casetta levitante", "La tromba" e "La bambina-fantoccio" spaventosamente tendente alla maschera dell’adulto.
    Con l'aggettivo Antigrazioso che deriva dai ritratti deformati dell'amico Boccioni, Carrà approda a un primitivismo compositivo lineare e sintetico, accentuato dalle cromie degli ocra, delle terre rosse e del bianco grigio che sembra intonaco.
    Momento clou del documentario quando l'artista sicuro di sé afferma: "nel 1916, fu lui a fermarci” e la camera inquadra nella mensola dello studio un manichino di Giorgio de Chirico.
    Carrà racconta che ha vissuto la maggior parte della sua vita a Milano assieme alla moglie: con lei ha tenuto in casa un cenacolo aperto agli artisti di passaggio quali Léger, Stravinskij, Medardo Rosso, Bontempelli, Savinio e de Chirico.

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